Un'altra storia popolare narra che Valentino passeggiando, si imbattè in una coppia in lite ai quali porse una rosa e li invitò a riconciliarsi richiamando su di loro uno stormo di piccioni tubanti; da qui l'espressione "piccioncini".
In pochi però sanno che questa ricorrenza fu imposta dall'impero romano in sostituzione di una festività pagana che, in un'epoca di forte evangelizzazione, doveva essere abolita. In quel tempo infatti la grande espansione del cattolicesimo portò alla graduale demolizione dei culti pagani che, sino ad allora, erano profondamente radicati nel folklore dei popoli romani. Per far sì che l'imposizione di una nuova religione fosse accettata dal volgo, l'impero decise di sostituire le ricorrenze pagane con le ricorrenze cristiane mantenendo invariate le date di modo da scongiurare una vera e propria insurrezione popolare.
Forse l'esempio più noto è quello della festa del Natale che si sovrappose alle celebrazioni pagane dei saturnali che si svolgevano dal 17 al 23 dicembre e alla festa del Dies Natalis Solis Invicti che ricorreva proprio il giorno del 25 dicembre. Stessa cosa successe con il giorno di San Valentino, che andò a sostituire una festa molto cara ai pagani, quella dei Lupercalia da cui probabilmente trassero ispirazione anche per il significato della ricorrenza.
Ovviamente i romani non condividevano il senso del pudore tipico del cattolicesimo, di conseguenza l'idea di amore era molto più carnale e terrena, meno infarcita delle ipocrisie tipiche del perbenismo ecclesiastico che alla sostanza preferiva la forma. Nel pragmatismo romano, la congiunzione romantica tra un uomo e una donna aveva come scopo ultimo la riproduzione ed è per questo che tra il 13 e il 17 febbraio venivano svolti dei riti, conosciuti come Lupercalia appunto, volti a favorire la fertilità delle donne e delle terre.
La leggenda popolare legata a queste celebrazioni, narra attraverso le parole di Ovidio che un lungo periodo di infertilità colpì le donne che abitavano i territori dell'Urbe durante il regno di Romolo; per questo uomini e donne si recarono ai piedi del colle Esquilino per pregare Giunone, madre di tutti gli dei, affinché la dea ponesse fine a questo supplizio. La dea affidò la sua risposta al vento e, attraverso il mormorio delle fronde degli alberi, ordinò ai supplicanti di sacrificare un capro e di percuotere con le pelli dello stesso la schiena delle donne affinché queste ritrovassero la perduta fertilità.
Nei secoli successivi questa ricorrenza veniva celebrata da giovani sacerdoti che, dopo aver sacrificato l'ovino, correvano nudi intorno al colle Palatino frustando con le pelli dell'animale ogni donna incontrassero durante il loro cammino; naturalmente prima di questa fatica fisica, i festeggiamenti prevedevano un lauto banchetto, durante il quale gli officianti si abbuffavano di carni, vino e dolci per caricarsi dell'energia necessaria ad affrontare la corsa sfiancante.
Tornando ai giorni nostri, possiamo notare come le origini pagane della festa siano riscontrabili nel materialismo dei festeggiamenti moderni; durante questa giornata infatti, è uso comune offrire dei doni alla persona amata e celebrare la ricorrenza consumando dei pasti elaborati ed abbondanti proprio come i nostri avi offrivano il capro alla dea e banchettavano in suo onore.
Sarà che non sono mai stata una persona particolarmente religiosa né tanto meno una donna romantica, ma questa visione del giorno di San Valentino come evoluzione antropologica degli antichi folklori me lo rende meno insopportabile e incomprensibile; mi piace pensare che tutti coloro che si affrettano a festeggiarlo lo facciano per un retaggio delle vecchie celebrazioni latina, piuttosto che fermarmi all'impressione cinica che mi mostra solo un abuso improprio della parola amore.
Sacrificare una capretta mi sembrava un po' troppo cruento, né mi è sembrata molto appropriata l'idea di correre nuda per le vie di Padova percuotendo le donne con la pelle del povero animale finendo poi la serata in galera, così ho deciso di preparare un dolce da offrire alla dea che richiudesse in sé alcuni elementi che rimandassero al paganesimo ma che esprimessero anche la mia personalissima interpretazione di questa ricorrenza.
Ho scelto degli ingredienti di origine vegetale perché la fertilità è soprattutto un concetto legato alla terra, madre di tutte le creature che popolano questo pianeta in un mio personalissimo omaggio alla madre di tutti gli dei che regalò a quelle donne l'illusione che la sua intercessione le avrebbe rese madri a sua volta, dando loro il privilegio di provare l'unico amore vero ed eterno.
FOCACCINE DI GIUNONE (Muffin alla vaniglia con farina di riso e latte di soia)
Ingredienti secchi:250 g di farina di riso, 140 g di zucchero, 1 bustina di lievito, 1 cucchiaino di bicarbonato.
Ingredienti umidi: 85 d di margarina, 2 uova, 200 ml di latte di soia, 1 stecca di vaniglia.
In una ciotola montate le uova con la margarina ammorbidita, prelevate l'interno della stecca di vaniglia e mescolatelo al latte di soia; poi unitelo al composto di uova amalgamandolo completamente. In una ciotola differente setacciate la farina con lo zucchero, il lievito, lo zucchero e il cucchiaino di bicarbonato. Unite gli ingredienti secchi a quelli umidi e mescolateli per il tempo necessario ad incorporarli completamente senza perderci troppo tempo, altrimenti i muffin potrebbero risultare un po' duri.
Cuoceteli in forno preriscaldato a 200 gradi per 15/20', fino a quando non saranno ricresciuti ed imbruniti in superficie.
Con questa ricetta partecipo al contest di "Letizia in cucina" in collaborazione con FIMora, " Un anno di colazione: i Muffin"
bellissimi! C'è un guasto all'adsl nella mia zona, non appena risolvono inserisco la ricetta!
RispondiEliminaGrazie mille Letizia! Buon fine settimana!
RispondiEliminaFinalmente l'ho inserita! Buona fortuna!
Elimina